11/06/2025 | Press release | Distributed by Public on 11/06/2025 04:36
Amnesty International ha diffuso oggi un nuovo rapporto, intitolato "'Nessuno ti sente quando urli': la svolta pericolosa della politica migratoria in Tunisia", evidenziando come negli ultimi tre anni le autorità tunisine abbiano progressivamente smantellato le tutele per le persone rifugiate, richiedenti asilo e migranti - in particolare per le persone nere provenienti dall'Africa subsahariana - passando pericolosamente a pratiche di polizia razziste e a diffuse violazioni dei diritti umani che mettono a rischio la loro vita, la loro sicurezza e la loro dignità. L'Unione europea rischia di rendersi complice di tutto ciò, mantenendo in piedi la cooperazione nel controllo dei flussi migratori senza garanzie effettive in materia di diritti umani.
Nel nuovo rapporto Amnesty International documenta come, alimentate dalla retorica razzista di esponenti politici, le autorità tunisine abbiano effettuato arresti e detenzioni su base razziale, intercettamenti in mare pericolosi e sconsiderati, espulsioni collettive di decine di migliaia di persone rifugiate e migranti verso l'Algeria e la Libia e come abbiano sottoposto le stesse a maltrattamenti e torture tra cui stupri e altre forme di violenza sessuale, attuando al contempo una repressione contro la società civile che fornisce assistenza essenziale.
Nel giugno 2024 le autorità tunisine hanno posto fine al ruolo dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati nella gestione delle domande d'asilo, cancellando di fatto l'unica possibilità di chiedere protezione nel paese. Nonostante questo grave arretramento, l'Unione europea ha continuato a cooperare con la Tunisia nel controllo dei flussi migratori senza prevedere garanzie efficaci in materia di diritti umani.
Proseguendo su questa strada, l'Unione europea rischia di rendersi complice di gravi violazioni dei diritti umani e di contribuire a intrappolare un numero crescente di persone in una situazione in cui le loro vite e i loro diritti restano in pericolo.
"Alimentando la xenofobia e abbattendo colpo dopo colpo la protezione dei rifugiati, le autorità tunisine si rendono responsabili di orribili violazioni dei diritti umani. Devono porre fine immediatamente a questo arretramento devastante e fermare l'incitamento al razzismo e le espulsioni collettive che mettono in pericolo vite umane. Devono garantire il diritto d'asilo e assicurare che nessuna persona sia espulsa verso un luogo dove rischi di subire gravi violazioni dei diritti umani. Il personale delle organizzazioni non governative e i difensori e le difensore dei diritti umani arrestati per aver assistito persone rifugiate e migranti devono essere scarcerati senza condizioni", ha dichiarato Heba Morayef, direttrice regionale per il Medio Oriente e l'Africa del Nord di Amnesty International.
"L'Unione europea deve sospendere con urgenza ogni forma di assistenza nel controllo delle frontiere e dei flussi migratori finalizzata a trattenere le persone in Tunisia e interrompere i finanziamenti alle forze di sicurezza e ad altri soggetti responsabili di violazioni dei diritti umani contro le persone rifugiate e migranti. Invece di privilegiare la deterrenza e alimentare le violazioni dei diritti umani, la cooperazione con la Tunisia dovrebbe mirare a garantire misure di protezione adeguate e procedure d'asilo nel paese, integrando criteri e condizioni in materia di diritti umani chiari e vincolanti, per evitare qualsiasi complicità in tali violazioni", ha aggiunto Morayef.
Amnesty International ha condotto la propria ricerca tra febbraio 2023 e giugno 2025, intervistando 120 persone rifugiate e migranti provenienti da quasi 20 stati (92 uomini e 28 donne, comprese otto persone di età compresa tra 16 e 17 anni) a Tunisi, Sfax e Zarzis. L'organizzazione ha inoltre analizzato fonti delle Nazioni Unite, della stampa e della società civile, oltre ai profili social ufficiali delle autorità di Tunisi. Prima della pubblicazione, Amnesty International ha condiviso le proprie conclusioni con le autorità tunisine, europee e libiche. Al momento della pubblicazione non era pervenuta alcuna risposta.
Le testimonianze raccolte rivelano un sistema di gestione della migrazione e dell'asilo concepito per escludere e punire, anziché proteggere. Almeno 60 delle persone intervistate, tra cui tre minorenni, due rifugiati e cinque richiedenti asilo, sono state arrestate e detenute in modo arbitrario. Persone rifugiate e migranti dell'Africa subsahariana sono state prese di mira da singoli soggetti e dalle forze di sicurezza in un contesto di profilazione razziale sistemica e in varie ondate di violenza razzista alimentate dalla propaganda d'odio razziale, a partire dalle dichiarazioni del presidente Kais Saied del febbraio 2023, riprese poi da altri funzionari e parlamentari.
La situazione è peggiorata a causa della repressione che ha colpito almeno sei organizzazioni non governative che fornivano sostegno essenziale a persone migranti e rifugiate, con conseguenze umanitarie gravissime e un enorme vuoto di protezione. Dal maggio 2024 le autorità hanno detenuto arbitrariamente almeno otto loro operatori e due ex funzionari locali che avevano collaborato con esse. La prossima udienza del processo al personale di una delle organizzazioni non governative, il Consiglio tunisino per i rifugiati, è fissata per il 24 novembre.
Amnesty International ha indagato su 24 intercettamenti in mare e ha raccolto le testimonianze di 25 persone rifugiate e migranti che hanno descritto comportamenti pericolosi, sconsiderati e violenti da parte della Guardia costiera tunisina: speronamenti, manovre ad alta velocità che hanno rischiato di far capovolgere le imbarcazioni, colpi inferti a persone e imbarcazioni con manganelli, lancio di gas lacrimogeni da distanza ravvicinata e la mancata valutazione individuale delle necessità di protezione al momento dello sbarco.
"Céline", una donna migrante camerunese intercettata dopo la partenza dalla regione orientale di Sfax nel giugno 2023, ha raccontato ad Amnesty International:
"Continuavano a colpire la nostra barca di legno con lunghi bastoni appuntiti, l'hanno bucata… C'erano almeno due donne e tre neonati senza giubbotti di salvataggio. Li abbiamo visti annegare e poi non abbiamo più visto i corpi. Non ho mai avuto così tanta paura".
Nonostante le persistenti preoccupazioni per la mancanza di trasparenza nei dati sugli intercettamenti, nel 2024 le autorità tunisine hanno smesso di pubblicare statistiche ufficiali dopo aver istituito, con il sostegno dell'Unione europea, una zona di ricerca e soccorso marittimo. In precedenza, avevano riferito un aumento significativo degli intercettamenti.
Dal giugno 2023 in poi le autorità tunisine hanno avviato espulsioni collettive di decine di migliaia di persone rifugiate e migranti, perlopiù provenienti dall'Africa subsahariana, dopo arresti su base razziale o intercettamenti in mare. Amnesty International ha accertato che, tra giugno 2023 e maggio 2025, sono state effettuate almeno 70 espulsioni collettive, che hanno riguardato oltre 11.500 persone.
Le forze di sicurezza tunisine hanno sistematicamente abbandonato persone migranti, richiedenti asilo e rifugiate - anche donne incinte e bambini - in aree remote e desertiche ai confini con la Libia e l'Algeria, senza acqua né cibo, spesso dopo aver loro confiscato telefoni, documenti d'identità e denaro, esponendole così a gravi rischi per la vita e la sicurezza. Dopo la prima ondata di espulsioni, tra giugno e luglio del 2023, almeno 28 persone migranti sono state trovate morte lungo il confine libico-tunisino e 80 risultano disperse.
Queste espulsioni sono state condotte senza alcuna garanzia procedurale e in violazione del principio di non respingimento.
Mentre chi veniva spinto verso l'Algeria doveva camminare per settimane per tornare indietro o rischiare ulteriori respingimenti a catena fino al Niger, le persone che venivano condotte verso la Libia spesso finivano nelle mani delle guardie di frontiera locali o di milizie che le abbandonavano lì o le portavano in strutture non ufficiali. In Libia le persone migranti e rifugiate subiscono violazioni dei diritti umani gravi e sistematiche, commesse nell'impunità, che una missione d'inchiesta delle Nazioni Unite ha qualificato come crimini contro l'umanità.
"Ezra", un uomo della Costa d'Avorio, ha raccontato ad Amnesty International come le forze di polizia tunisine lo abbiano espulso verso il confine libico nella notte tra il 1° e il 2 luglio 2023, insieme ad altre 24 persone, almeno una delle quali minorenne:
"Siamo arrivati nella zona di confine con la Libia verso le sei del mattino… Un ufficiale tunisino ha detto: 'Andate in Libia, là vi uccideranno'. Un altro ha aggiunto: 'O nuotate, o correte verso la Libia'. Ci hanno restituito un sacco pieno dei nostri telefoni distrutti…".
Le persone che facevano parte di questo gruppo hanno tentato di risalire la costa verso la Tunisia ma uomini in uniforme militare le hanno intercettate e inseguite con i cani, hanno picchiato quattro di loro e infine le hanno riportate al confine.
Le forze di sicurezza tunisine hanno sottoposto 41 uomini, donne e minorenni a maltrattamenti e torture durante intercettamenti, espulsioni o detenzioni.
"Hakim", cittadino camerunese, ha descritto come gli agenti lo abbiano portato e abbandonato al confine con l'Algeria nel gennaio 2025:
"Ci hanno presi uno per uno, ci hanno circondati, ci hanno fatto sdraiare, ci hanno ammanettati… Ci picchiavano con tutto ciò che avevano: mazze, manganelli, tubi di ferro, bastoni di legno… Ci hanno costretti a ripetere più volte 'Tunisia mai più, non torneremo mai più'. Ci colpivano e prendevano a calci ovunque".
Amnesty International ha inoltre documentato 14 casi di stupro o altre forme di violenza sessuale da parte delle forze di sicurezza tunisine, alcuni dei quali avvenuti durante perquisizioni corporali o denudamenti forzati condotti in modo umiliante, tali da configurare tortura.
"Karine", una donna camerunese, ha raccontato ad Amnesty International che il 26 maggio 2025 agenti della Guardia nazionale l'hanno violentata due volte: prima durante una perquisizione dopo un intercettamento nella regione di Sfax, poi al confine con l'Algeria, dopo un'espulsione collettiva.
Ignorando le conseguenze devastanti della propria cooperazione con la Libia, l'attuale cooperazione tra l'Unione europea e Tunisia sul controllo delle migrazioni ha perseguito e ottenuto la detenzione di persone in un paese dove sono esposte a diffuse violazioni dei diritti umani. Tale cooperazione comprende il finanziamento delle capacità di ricerca e soccorso della guardia costiera tunisina e la fornitura di formazione ed equipaggiamento per la gestione delle frontiere, allo scopo di ridurre le partenze irregolari verso l'Europa.
Nel luglio 2023 l'Unione europea ha firmato con la Tunisia un Memorandum d'intesa elaborato senza garanzie effettive in materia di diritti umani, come una valutazione d'impatto preventiva trasparente, un monitoraggio indipendente con procedure chiare per dare seguito alle denunce di violazioni dei diritti umani e una clausola di sospensione esplicita in caso di violazioni. Queste carenze sono state evidenziate nel 2024 dalla Mediatrice europea. La cooperazione prosegue da oltre due anni, nonostante numerose allarmanti e ben documentate segnalazioni di violazioni dei diritti umani. Nonostante stessero sacrificando il diritto internazionale per privilegiare il controllo delle migrazioni, funzionari europei l'hanno presentata come un successo, citando la diminuzione degli arrivi via mare di persone provenienti dalla Tunisia dal 2024.
"Il silenzio dell'Unione europea e dei suoi stati membri di fronte a queste terribili violazioni dei diritti umani è particolarmente inquietante. Ogni giorno in cui l'Unione europea continua a sostenere in modo sconsiderato l'offensiva della Tunisia contro i diritti delle persone migranti e rifugiate e di chi le difende, senza una revisione sostanziale della cooperazione in corso, i leader europei rischiano di rendersi complici", ha concluso Morayef.
Nota: i nomi delle persone che hanno raccontato ad Amnesty International la loro esperienza sono stati cambiati per tutelare la loro incolumità.