ISPI - Istituto per gli Studi di Politica Internazionale

10/09/2025 | Press release | Distributed by Public on 10/09/2025 11:21

Gaza: c’è l’accordo, ma è solo un primo passo

  • Daily Focus Medio Oriente e Nord Africa
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Il 'sì' di Israele e Hamas alla prima fase dell'accordo proposto da Donald Trump per la cessazione delle ostilità a Gaza va preso per quello che è: un'enorme opportunità per uscire dall'abisso, con la consapevolezza che si tratta solo di un primo passo in un lungo e accidentato percorso verso la pace. Ma è pur vero che dopo 24 mesi di massacri quotidiani, la firma dell'intesa annunciata oggi dalle delegazioni riunite nella Penisola del Sinai apre uno squarcio nel buio che avvolge Israele e il Medio Oriente dal 7 ottobre 2023. "Sono molto orgoglioso di annunciare che Israele e Hamas hanno sottoscritto la prima fase del nostro accordo di pace" ha annunciato Trump, precisando che tutti gli ostaggi saranno stati rilasciati "molto presto" e che Israele ritirerà le sue truppe lungo una linea del fronte concordata. "È un gran giorno per il mondo arabo e musulmano, per Israele e i paesi circostanti, per gli Stati Uniti d'America" ha aggiunto il presidente, ringraziando Qatar, Egitto e Turchia per la loro intermediazione: "Dio benedica i mediatori di pace". Solo poche ore prima, aveva detto ai giornalisti di essere pronto a recarsi in Medio Oriente già nel fine settimana. Se l'intesa è stata accolta con gioia e trepidazione, sia in Israele che per le strade della Striscia, e celebrata dai leader del mondo come una svolta per porre fine alla guerra, i dettagli cruciali però devono ancora essere definiti. Tra questi, i tempi e l'entità del ritiro israeliano, la composizione dell'amministrazione postbellica per la Striscia di Gaza e il destino di Hamas. È su questi punti, e sulla capacità e volontà degli attori internazionali di esercitare pressione sulle parti anche dopo il rilascio degli ostaggi, che dipenderà cosa succederà domani e dopo ancora.

Cosa c'è nell'accordo?

In base all'accordo, una volta approvato dal gabinetto di guerra israeliano, il cessate il fuoco entrerà in vigore entro 24 ore, mentre l'esercito dispiegato a Gaza comincerà un parziale ritiro fuori da una linea prestabilita. A quel punto Hamas avrà 72 ore di tempo per rilasciare gli ostaggi, una ventina, ritenuti ancora in vita e, gradualmente, anche i corpi di quelli deceduti. Secondo diversi funzionari, il loro rilascio inizierà lunedì, ma il fatto che Trump arriverà con ogni probabilità in Israele domenica pomeriggio fa pensare che i tempi potrebbero essere persino più brevi. Contestualmente, Israele libererà circa 2mila prigionieri palestinesi, inclusi 250 condannati all'ergastolo e oltre 1700 provenienti dalla Striscia detenuti dopo il 7 ottobre 2023. Almeno 400 camion di aiuti saranno introdotti nel territorio palestinese con generi alimentari e beni di prima necessità e il valico di Rafah, al confine con l'Egitto sarà parzialmente riaperto. L'accordo, sulla falsariga del Piano di pace in 20 punti presentato da Trump la scorsa settimana, che Israele aveva accettato e che Hamas aveva in parte sottoscritto, lascia in sospeso alcune questioni spinose sulle quali non sembra esserci ancora una soluzione. In particolare, non ci sono dettagli sul disarmo di Hamas, né sui tempi e termini del ritiro israeliano mentre la futura governance di Gaza è un'incognita. Il piano di Trump prevede che Hamas non abbia alcun futuro ruolo nella Striscia e propone che venga temporaneamente governata da un comitato di tecnici palestinesi supervisionati da un 'Board of Peace' di cui farebbero parte lui e l'ex premier britannico Tony Blair, prima di essere consegnata all'Autorità Nazionale Palestinese.

Una speranza tra mille incognite?

Almeno a giudicare dalle dichiarazioni ufficiali i firmatari sono entusiasti dell'intesa. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha detto che oggi è "un grande giorno per Israele" ringraziando "di cuore il presidente Trump e il suo team per la loro dedizione a questa sacra missione di liberare i nostri ostaggi". Hamas dal canto suo parla di "vittoria" e di "fine delle sofferenze" per il popolo palestinese. Le tensioni residue e le incongruenze su numerosi punti sono evidenti. Hamas ha chiesto a Trump e ad altri partiti di "garantire che il governo di occupazione israeliano rispetti pienamente i termini dell'accordo" mentre non ha ancora dichiarato che accetterà il disarmo. "Non abbandoneremo mai i diritti nazionali del nostro popolo finché non saranno conseguite libertà, indipendenza e autodeterminazione", ha affermato il gruppo, riferendosi indirettamente alla rivendicazione di uno Stato palestinese, tema che è stato respinto da Netanyahu e a malapena affrontato dalla Casa Bianca. Tra gli altri ostacoli, anche il fatto che in Israele l'accordo sull'intesa non è unanime. Netanyahu dovrà affrontare la resistenza dei membri di estrema destra della sua coalizione di governo, tra cui il ministro delle Finanze, Bezalel Smotrich, e il ministro della Sicurezza Nazionale, Itamar Ben-Gvir, che hanno già minacciato di rovesciare l'esecutivo in caso di cessate il fuoco.

Trump si gioca tutto?

Pur accompagnato da mille incognite, questo è un momento cruciale per Israele, i palestinesi, il Medio Oriente e lo stesso Trump, dopo mesi in cui le sue promesse di portare la pace nella regione martoriata, erano suonate vuote e improbabili. Ma oggi, dopo ver deciso di usare tutto il suo peso per fare pressione sia su Israele che su Hamas per imporre più che mediare un accordo, quell'intesa può rivelarsi tanto un successo di politica estera di enorme portata, quanto un clamoroso fallimento. Il timore è di assistere ad una riedizione dell'ultimo accordo mediato dagli Stati Uniti a gennaio scorso, che Netanyahu aveva violato a marzo, proprio mentre stava per iniziare la seconda fase, volta ad aprire la strada alla fine del conflitto e al ritiro di Israele dalla Striscia. All'epoca, decine di ostaggi erano ancora intrappolati a Gaza e il bilancio delle vittime palestinesi si avvicinava alle 50mila. Oggi, secondo i funzionari palestinesi, il numero è di oltre 67mila, di cui 20mila bambini e le zone settentrionali della Striscia sono afflitte da una carestia provocata dall'assedio. Israele, accusato di genocidio dagli esperti Onu, è più isolato di quanto non lo sia mai stato prima d'ora. La vera sfida è garantire che stavolta l'accordo vada oltre lo scambio di ostaggi e porti a una soluzione più duratura, che apra la strada a quella pace che oggi, nei fatti, è ancora solo un presagio. Il fatto che sia Israele che Hamas abbiano almeno accettato la prima fase del piano sottolinea la differenza che un presidente americano impegnato può fare quando è disposto a esercitare pressioni su entrambe le parti. La tragedia, per i civili di Gaza, gli ostaggi e le loro famiglie, è che per arrivare a questo primo passo ci siano voluti due anni infiniti.

Il commento

Di Valeria Talbot, Head ISPI MENA Centre

"L'accordo è un punto di partenza, senz'altro non di arrivo, di un processo lungo, complesso e dall'esito altamente incerto. Se in questa fase la cautela è dunque d'obbligo, ciò che è apparso in maniera evidente dopo il 7 ottobre è che senza una soluzione politica duratura dell'annosa questione palestinese sulla base della formula dei due stati non potrà esserci pace e stabilità in Medio Oriente. È un processo tutto da costruire in cui servirà, da qui in avanti, un impegno costante dell'amministrazione Trump e dell'intera comunità internazionale".

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