Slow Food Editore S.r.l.

12/02/2025 | Press release | Distributed by Public on 12/02/2025 22:52

L’Egitto e il Lazio uniti dalle fave: i falafel secondo Hassan Jaafar

«I falafel? Da noi si mangiano persino a colazione!». Hassan Ismail Mohamed Jaafar è nato e cresciuto in Egitto, è arrivato in Italia da ragazzino e dal 2017 lavora da Namo Ristobottega, il locale di Tiziana Favi a Tarquinia (Viterbo). Da quella cucina, a quattro mani, oggi nascono piatti che raccontano il territorio e anche il bello della contaminazione tra sponde diverse del Mediterraneo.

Tra Tarquinia e casa sua ci sono più di duemila chilometri. Ma la cucina ha un potere straordinario: quello di unire, indipendentemente dalla distanza fisica. Capita così che una materia prima diffusa in Egitto sia anche un simbolo della cultura gastronomica laziale, e che una pietanza tipica del Medioriente trovi un nuovo significato in una cultura diversa. «Da noi in Egitto i falafel sono veramente diffusi, all'angolo di ogni strada si trova qualcuno che li prepara. Oggi sono una pietanza internazionale, ma quasi dappertutto si fanno con i ceci. Da noi in Egitto, invece, si sono sempre fatti con le fave».

Hassan è uno dei cinque cuochi coinvolti nel progetto Vogliamoci Bene! con cui Slow Food Italia promuove una dieta buona e sana attraverso le diverse culture alimentari che convivono con quella italiana e la arricchiscono, fornendo nuovi spunti per conoscere piatti gustosi ed equilibrati.

In un menù ideale dalla colazione alla cena, spuntini inclusi, cinque cuochi ci insegnano a realizzare cinque ricette tradizionali, dimostrando che tutti possono sperimentare ingredienti nuovi, e che mangiare sano e sentirsi comunità attraverso il cibo è davvero semplicissimo.

Raccontaci la ricetta: perché proprio i falafel? Hanno un significato particolare per te?

«L'idea di proporre questa ricetta mi è venuta perché le fave sono un ingrediente tipico anche della tradizione gastronomica romana. Fave e pecorino mi piacciono un botto , così ho pensato di portare i falafel di fave anche qua. Oltretutto qualche anno fa, in occasione di un evento a Tarquinia, li ho preparati accompagnati da una crema di pecorino: erano venuti buonissimi. La ricetta è molto semplice: fave, e poi cipolle, aglio, porro e prezzemolo. Sono ingredienti che uniscono, perché sono diffusi ovunque. Nel condimento, invece, ho scelto il coriandolo fresco e del sesamo».

Qual è il tuo primo ricordo legato alla cucina?

«Il mio primo ricordo legato alla cucina è mia mamma che mi chiede di andare in giardino a prendere le uova delle nostre galline. Ho sempre amato andare nell'orto a raccogliere la verdura, sentirne i profumi e la freschezza. Andare in campo mi dà gioia. La stessa cosa succede oggi quando vado a scegliere le materie prime dai fornitori: penso ai carciofi freschi o a un bel broccolo romanesco. Se invece mi chiedi il primo piatto italiano che mi viene in mente, ti rispondo con cacio e pepe e lasagne! Ma ancora oggi, quando torno in Egitto, la prima cosa che cerco sono proprio i falafel».

Come descriveresti in tre parole la tua idea di cucina?

Direi dialogo, passione e anima. Dialogo inteso come comunicazione con la natura; passione significa mettere amore nella cucina; anima vuol dire dare sé stessi nell'accogliere nel modo migliore le persone che ci vengono a trovare nel ristorante».

Vogliamoci Bene!

Realizzato da Slow Food Italia con il contributo di UniCredit, il progetto Vogliamoci Bene! ha coinvolto cinque cuochi e cuoche che attraverso le loro ricette invitano a sperimentare e a mettersi in gioco.

Le video ricette sono state diffuse all'interno della rete degli Orti Slow Food a scuola e di comunità , per promuovere l'inclusione attraverso il cibo, scoprendo tradizioni culinarie diverse dalla propria, ma non per questo distanti. Il messaggio è semplice: cucinare è un gesto che unisce, insegna e fa stare bene, e che possono fare tutti e tutte. Cuciniamo e mangiamo insieme: il cibo è la nostra salute.

Guarda qui tutti i video

Leggi le interviste ai cinque cuochi

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