11/04/2025 | Press release | Distributed by Public on 11/04/2025 07:55
A cinquant'anni dalla Marcia Verde, che diede inizio all'occupazione marocchina del Sahara occidentale, la soluzione di Rabat per il territorio conteso si afferma ora anche in sede ONU.
Il voto del 31 ottobre 2025 del Consiglio di Sicurezza per il rinnovo della Missione delle Nazioni unite per l'organizzazione del referendum nel Sahara occidentale, (MINURSO) attiva dal 1991 - praticamente una consuetudine, che da allora va avanti, per inerzia, ogni anno - si è trasformato stavolta in una lotta diplomatica per la vittoria della proposta marocchina. Si tratta del piano del Marocco per la soluzione del conflitto con il Polisario - l'organizzazione nazionalista rappresentante della popolazione originaria del territorio, i sahrawi - presentato già nel 2007 e che prevede la concessione di un'autonomia, sotto la propria sovranità , all'ampia fascia di terra a Sud del Regno.
La potenza che più si è spesa negli anni, e in questo frangente particolare, perché prevalesse la posizione del Marocco sono gli Stati Uniti di Donald Trump. Il riconoscimento ufficiale della sovranità marocchina sul Sahara c'era stato nel 2020 alla fine del primo mandato e, da quando è tornato al potere, Trump ha proseguito sulla linea tracciata allora, con l'intenzione ora di far sì che anche questa "pace" porti il suo nome. Nelle settimane precedenti il voto del 31 ottobre 2025, l'amministrazione americana aveva esercitato pressioni perché si giungesse in tempi stretti a una svolta nel processo bloccato da anni. Il Consigliere per l'Africa e il Medio Oriente, Massad Boulos, aveva riaffermato la necessità di giungere a un accordo per il "Sahara marocchino" e l'Inviato speciale della Casa Bianca per il Medio Oriente, Steve Witkoff, in un'intervista del 20 ottobre, aveva dichiarato che Washington stava lavorando a un accordo di pace tra Algeria e Marocco da concludersi entro due mesi. Witkoff ha inteso qui, con un certo pressapochismo, che con la soluzione del contenzioso tra Marocco e Polisario potranno riprendere anche le relazioni tra i due paesi maghrebini, interrotte dal 2021, e incrinate dagli anni Settanta a causa del sostegno a tutti livelli dell'Algeria al Polisario. .
Gli Stati Uniti parlano del voto del 31 ottobre come di una svolta storica, anche se forse non è propriamente così. Il contenuto del testo redatto dagli americani, che dopo varie negoziazioni e limature è stato approvato con 11 voti a favore, 3 astenuti e un'assenza di peso - quella dell'Algeria - segna comunque un notevole cambio di rotta. D'ora in poi, i negoziati sul destino del Sahara occidentale avranno come punto di partenza, non più il diritto all'autodeterminazione dei popoli e la ricerca di una soluzione accettata reciprocamente dalle due parti per una pace giusta e duratura, com'era stato sinora, ma la proposta unilaterale del Marocco, che non sembra lasciare alcuno spazio alla possibile indipendenza. Il "Sahara marocchino" è una realtà già ampiamente assodata per l'establishment e per la popolazione del regno sceriffiano, uno status quo la cui legittimità è stata ormai riconosciuta (con qualche lieve sfumatura) dalle principali potenze mondiali: dopo gli Stati Uniti, anche da Spagna, Francia e Regno Unito. Quando era ancora sotto la colonizzazione spagnola, questo grande territorio di 266 mila chilometri quadrati, ricco di fosfati e acque pescose davanti alle sue coste, ospitava solo 74 mila sahrawi, mentre oggi vi abitano circa 600 mila persone giunte qui dal Nord del Marocco in varie ondate migratorie dal 1976 in poi. In quell'anno, infatti, si assestò l'occupazione militare marocchina, iniziò la guerra con il Polisario (che andò avanti sino al 1991) e la maggior parte dei sahrawi fuggì a Tindouf, in Algeria. Con il recente voto ONU - atteso con grande trepidazione, seppur di segno opposto, nelle città marocchine e nei campi profughi di Tindouf - la politica basata sul fatto compiuto, che si impone sul diritto internazionale, ha ottenuto un successo in più.
Il Consiglio di Sicurezza, attraverso la Risoluzione 2797/2025 ha deciso la proroga della MINURSO di ancora un anno, anziché di tre/sei mesi, come avrebbero voluto questa volta gli Stati Uniti, che volevano arrivare il prima possibile a un accordo definitivo: si tratta di uno dei compromessi raggiunti nelle trattative tra i delegati per arrivare a ottenere la maggioranza dei voti. L'ONU dimostra così di dare più tempo al processo di pace, pur partendo da una base completamente diversa. L'Inviato speciale dell'ONU per il Sahara occidentale Staffan de Mistura, in carica dal 2021, dovrà quindi intavolare nuove discussioni con le parti interessate, ovvero le due in conflitto, Marocco e Fronte Polisario più i paesi confinanti, Mauritania e Algeria. Bisognerà vedere ora se Algeria e Polisario accetteranno di discutere una pace a partire da una proposta che non lascia molto altro margine oltre all'autonomia, oppure se insisteranno per la tenuta di un referendum nel quale sia contemplata anche l'opzione dell'indipendenza. Oppure, ancora, se si opporranno a qualsiasi negoziato, intensificando il conflitto a bassa intensità che è ricominciato già dal 2020.
Anche il Polisario nel 2007 aveva avanzato una proposta di soluzione che, proprio in vista del voto al Consiglio di Sicurezza, è stata ampliata e aggiornata con l'apertura a inserire tra i quesiti referendari formule aggiuntive da concordare. Quindi oltre alla scelta tra "indipendenza o integrazione" potrebbe essere contemplata anche un'altra alternativa come appunto quella di un'autonomia. Di questa "proposta ampliata" nella Risoluzione ONU non c'è tuttavia alcuna traccia.
Com'è evidente, ormai da una ventina d'anni, il significato del rinnovo annuale della MINURSO è da leggersi nella volontà dell'ONU di permettere il dialogo tra le parti sotto la propria egida, mentre non ha più nessun nesso con il suo mandato principale, che sarebbe quello di organizzare un referendum per far scegliere alla popolazione tra "indipendenza e integrazione al Marocco". Oggi la MINURSO, con i suoi 150 membri effettivi (militari e di polizia) dislocati nel Sahara occidentale (di cui due italiani), oltre ad agevolare il collegamento tra i due contendenti, si occupa di monitorare la situazione sul campo e le violazioni del cessate il fuoco e continua a condurre campagne di sminamento vicino al muro di sabbia che divide l'80% del Sahara occidentale controllato dal Marocco dalla restante parte in mano al Polisario. Secondo de Mistura, inoltre, la MINURSO è "la principale e spesso la sola fonte imparziale di informazioni e di consigli relativi all'evoluzione della situazione nel territorio", a testimonianza di quanto la propaganda da una parte e dall'altra sia una realtà, come lo sono anche le chiusure rispetto agli osservatori internazionali. Il Marocco, infatti, sin dal 2015 impedisce l'accesso nel territorio all'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti dell'uomo, mentre il Polisario non permette il sorvolo di elicotteri di sorveglianza a est del muro.
La Missione ONU non si è invece più interessata del referendum, un progetto che si è arenato all'inizio degli anni Duemila, a causa dell'impossibilità di stabilire un elemento, solo apparentemente banale, necessario alla consultazione popolare: l'identità degli aventi diritto al voto. Dietro a questo stallo c'è comunque il fatto che non è mai stato contemplabile, per il Marocco, veder concretizzato il rischio di dover abbandonare completamente il Sahara occidentale. Per decidere chi potesse recarsi alle urne, il Piano di pace del 1988 alla base del cessate il fuoco del 1991 prevedeva che la MINURSO avrebbe preso in considerazione le domande di quelle persone che rivendicavano il diritto di farlo in quanto abitanti del territorio conteso (western saharans), ma non presenti nel censimento del 1974 (ovvero oltre quei 74 mila rifugiatisi per la maggior parte a Tindouf). Il processo di verifica delle liste di nominativi fornite dalle due parti fu lungo e difficoltoso: erano continuamente addotte contestazioni e venivano aggiunti nominativi. Le richieste di partecipazione, soprattutto da parte di marocchini ormai residenti nella regione, furono tantissime. Dopo aver valutato un totale di 244643 richieste e aver intervistato fisicamente 198469 persone, finalmente, nel luglio 2000, l'ONU pubblicò la lista preliminare degli aventi diritto al voto che era però molto esigua: 86386 votanti. Per il Polisario si trattava di una vittoria totale - dato che quella cifra si discostava di poco dai sahrawi conteggiati dalla Spagna coloniale nel 1974 - mentre per il Marocco di una sconfitta. A quel punto, la monarchia sceriffiana contestò la totalità delle decisioni concernenti le sue liste di nominativi, aprendo così lo scenario più buio: la Commissione avrebbe dovuto ricominciare da capo per rivedere tutte le decine di migliaia di casi marocchini rigettati.
L'allora segretario generale dell'ONU, Kofi Annan, si rese conto che era necessario sbloccare in qualche modo lo stallo e affidò a un diplomatico navigato, l'ex Segretario di Stato americano James Baker, il compito di trovare una terza via. Baker ci provò due volte e la sua seconda proposta (Piano Baker II, 2003) fu giudicata dallo stesso Kofi Annan come "la migliore soluzione politica del conflitto". Essa prevedeva, dopo un periodo di autonomia di cinque anni, la tenuta di una consultazione popolare. Questa volta, però, i votanti sarebbero stati la somma di tre liste di elettori (quelli identificati dalla MINURSO nel 2000, coloro che erano da rimpatriare da Tindouf secondo quanto conteggiato dall'UNHCR nello stesso anno, i residenti del Sahara occidentale al 1999 - ovvero, sia i marocchini giunti qui dal 1976 in poi che i sahrawi che allora non si erano rifugiati a Tindouf) e avrebbero potuto scegliere tra tre opzioni: integrazione, autonomia o indipendenza. La proposta andava incontro al punto di vista marocchino lasciando ampio margine di voto ai numerosi non-sahrawi presenti, ma al tempo stesso tornava sul principio dell'autodeterminazione, caro al Polisario e all'Algeria. Sembrava veramente di essere vicini alla fine del contenzioso, dato che sia il Polisario che l'Algeria accettarono il Piano, ma non fu così per il Marocco, che invece lo rigettò, provocando grande delusione generale e le dimissioni di Baker. Il governo marocchino nelle motivazioni addotte al suo formale rifiuto sottolineò di non voler mettere in discussione "l'integrità" del proprio territorio, rispetto alla quale non avrebbe mai negoziato1.
A quel punto si fece strada la proposta di sola autonomia, che è quella che oggi ha prevalso. Il Re Mohammed VI la sottomise ufficialmente al nuovo Segretario generale dell'ONU, Ban Ki-Moon, l'11 aprile 2007. Nel testo - il cui contenuto fu fatto solo in parte trapelare, ma che rimase a lungo sconosciuto nei suoi dettagli - era previsto che l'autonomia data alla "Regione" fosse transitoria e che al termine di tale periodo (di cinque anni, come nei piani Baker?) si sarebbe svolto un referendum che avrebbe però dovuto semplicemente "ratificare" o meno tale status per il Sahara. I votanti sarebbero stati genericamente quelli appartenenti alla "popolazione interessata" e la struttura che si sarebbe occupata del voto sarebbe stato un "Consiglio di transizione", mentre per la MINURSO non era contemplato alcun ruolo. Grazie al grande attivismo diplomatico di Mohammed VI, il progetto di un'autonomia per il Sahara occidentale è divenuto negli anni successivi l'unica valida e possibile soluzione al conflitto per i principali attori internazionali, sino ad arrivare al riconoscimento ufficiale da parte del Consiglio di Sicurezza dell'ONU.
Nel momento in cui le parti potranno conoscere la proposta nella sua completezza- cosa che il re Mohammed VI, nel discorso tenuto appena approvata la risoluzione, ha dichiarato accadrà a breve - si potrà dunque ragionare sui singoli aspetti. Il Consiglio di sicurezza afferma infatti che è benvenuta "qualsiasi suggestione costruttiva dalle parti in risposta alla Proposta di Autonomia". Si potrebbe ipotizzare quindi che venga effettivamente riproposto il referendum, ma è presumibile che il Polisario accetterà di parteciparvi solo se sarà prevista anche l'opzione dell'indipendenza. La "genuina autonomia" così come pensata dal Marocco "rappresenta" per il Consiglio di Sicurezza "un risultato molto fattibile": anche questo è un compromesso che è stato raggiunto a seguito di negoziati (si è passati da "the most feasible outcome" a "a most feasible outcome"), lasciando uno spiraglio minimo rispetto ad altre possibili opzioni. È vero anche che il rappresentante degli Stati Uniti nelle dichiarazioni successive al voto ha affermato che la proposta di autonomia "è la sola base per una soluzione giusta e duratura della disputa". Per i membri permanenti del Consiglio che si sono astenuti, Russia e Cina, la risoluzione è invece sbilanciata - a favore del Marocco, sostenuto dagli USA - ma non è completamente da rigettare perché lascia comunque aperto e attivo il processo di pace. L'auspicio della Russia è che nelle nuove condizioni l'Inviato speciale si adoperi per far sì che il diritto all'autodeterminazione dei sahrawi trovi comunque modo di esprimersi e realizzarsi. Il rifiuto di partecipare al voto dell'Algeria, membro non permanente in scadenza a fine dicembre 2025, è dovuto invece al fatto che il testo non rispetta la dottrina sulla decolonizzazione dell'ONU. Il Sahara occidentale è ancora effettivamente, per il diritto internazionale, un territorio in fase di decolonizzazione. In generale, si può dire che la Risoluzione 2797, anche se dà piena fiducia all'autonomia sotto la sovranità del Regno sceriffiano come soluzione del conflitto, non si spinge sino a riconoscere il carattere marocchino, la cosiddetta "marocchinità", del Sahara occidentale.
Fra sei mesi, la MINURSO dovrà riferire al Consiglio di Sicurezza quali progressi siano stati fatti nelle discussioni tra le parti. La porta dell'Inviato speciale de Mistura resta sempre aperta, ma il suo compito ora è divenuto estremamente più complesso.
[1] Per approfondimenti e riferimento sulla MINURSO e l'impossibilità del referendum cfr. il mio libro Il conflitto del Sahara occidentale, RCS Mediagroup, Milano, 2024.