12/16/2025 | Press release | Distributed by Public on 12/15/2025 21:12
A quasi un anno dal ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, con la guerra in Ucraina ancora senza soluzione e un fragile cessate il fuoco a Gaza, gli italiani guardano al 2026 con un misto di speranza e apprensione. Cresce la percezione di un mondo più instabile, in cui l'Europa appare sempre più sola. Gli Stati Uniti di Trump non sono più considerati un alleato affidabile, mentre la Russia resta una grave minaccia. In questo quadro, l'UE emerge come un punto di riferimento, pur senza illusioni sulla sua capacità di incidere davvero sulla gestione dei conflitti nel mondo.
Giunto ormai alla sua undicesima edizione, il sondaggio ISPI realizzato da IPSOS DOXA nell'ambito dell'Osservatorio "ItaliaInsight - Gli italiani e la politica internazionale" esplora percezioni, paure e aspettative degli italiani sul mondo nell'anno appena trascorso.
Per gli italiani il mondo è diventato un luogo più ostile. Dopo l'invasione russa dell'Ucraina nel 2022 era crollata, quasi inevitabilmente, la percezione positiva di Mosca e (seppur temporaneamente) anche quella della Cina. Fino a poco tempo fa, però, alcune certezze sembravano reggere: NATO, Unione europea e Stati Uniti restavano i tre pilastri, con il mondo che agli occhi degli italiani si divideva tra "occidentali" e non.
Oggi non è più così. Se la fiducia nell'Unione europea cresce ulteriormente (+48% di saldo netto tra chi risponde "alleato" e chi "avversario", contro il +37% del 2020), e quella nella NATO resta elevata seppur in calo (da +53% nel 2022 a +41% oggi), è la percezione degli Stati Uniti a cambiare radicalmente. Sotto la presidenza Trump, Washington passa da solido alleato a partner ambiguo, con il saldo positivo che crolla dal +47% al +19%.
Gli Stati Uniti vengono percepiti come appena più affidabili della Cina (in risalita dal -25% del 2022 al +8% di oggi), e suscitano oggi un livello di fiducia addirittura paragonabile a quello riservato alla Russia nel 2020, prima dell'invasione dell'Ucraina.
Una maggioranza assoluta di italiani (54%) ritiene che, a un anno dalla elezione di Trump a presidente degli Stati Uniti, le cose per il mondo vadano peggio. È un numero più che quadruplo rispetto a quelli (13%) che credono che dall'elezione di Trump il contesto internazionale sia in miglioramento.
Ancora più significativo è il giudizio su come le cose siano cambiate per gli Stati Uniti stessi. Secondo gli italiani, l'elezione di Trump non ha prodotto benefici nemmeno per il suo Paese: il 46% ritiene che le cose negli USA vadano peggio, più del doppio di quanti pensano vadano meglio (21%). Un dato che segnala una frattura netta tra percezione dell'influenza americana (si veda punto successivo) e valutazione della sua traiettoria politica.
Il giudizio negativo su Trump non si traduce in una riduzione della percezione di quanto sia influente sul mondo. Anzi: nella classifica dei leader più influenti della politica internazionale, il presidente statunitense resta nettamente al primo posto. È vero che la quota di italiani che lo indicano come figura più influente scende leggermente rispetto allo scorso anno (dal 39% al 34%), ma la flessione colpisce ancora di più i suoi principali "competitor": Vladimir Putin perde sette punti (dal 17% al 10%), mentre il Vaticano registra un netto ridimensionamento nel passaggio da Papa Francesco a Papa Leone.
L'unico personaggio in crescita è Xi Jinping, che passa dal 6% all'11%. Le risposte di quest'anno rafforzano una traiettoria per cui i leader di Stati Uniti, Cina e Russia sono i più influenti del mondo: vengono menzionati da oltre 8 italiani su 10 (nel 2024 erano 6 italiani su 10), tralasciando chi ha risposto "Non saprei".
Per il quarto anno consecutivo, una maggioranza relativa di italiani indica la Russia come la principale minaccia per la sicurezza globale (32%). Un primato netto, che segna un'ampia distanza rispetto a tutti gli altri Paesi.
Negli ultimi sei anni si sono registrati ben tre "cambi al vertice" in questa classifica. Nel 2019 al primo posto era arrivata la Corea del Nord (24%), seguita a stretto giro da Cina, USA e Iran. Nel 2021, l'anno precedente l'invasione russa dell'Ucraina, gli occhi degli italiani erano principalmente rivolti verso la Cina (34%) e l'Iran (19%).
Va inoltre sottolineato come gli altri due Paesi più menzionati quest'anno siano gli Stati Uniti (scelti dal 12% degli italiani, e che raggiungono sistematicamente valori più alti quando alla presidenza c'è Donald Trump) e Israele (12%, in forte crescita), mentre la Cina scivola al quinto posto (8%) e l'Iran al sesto (4%).
Tra le speranze emerge con forza un dato chiaro: gli italiani hanno voglia di pace. Quando viene chiesto loro quali eventi darebbero più speranza nel 2026, quasi due terzi (64%) menzionano almeno un avvenimento tra la pace in Ucraina (34%), in Medio Oriente (24%) o in Sudan (6%).
Al secondo posto compare l'auspicio di una maggiore crescita economica in Europa (32%), mentre al terzo ci sono nuovamente desideri di pace o, meglio, di non guerra e di miglioramento delle relazioni tra le grandi potenze del mondo (25%).
In linea con i risultati dello scorso anno, sulla guerra in Ucraina emerge una posizione netta, anche se non priva di ambiguità. Quasi la metà degli italiani (49%) desidera la fine delle ostilità nel più breve tempo possibile. Tra questi, una larga maggioranza sarebbe disposta ad accettare compromessi significativi: tre su quattro (36% del totale) ritengono auspicabile che Kiev accetti un accordo con Mosca anche a costo di rilevanti concessioni territoriali.
Un ulteriore 13% spinge addirittura per l'interruzione del sostegno militare occidentale, indipendentemente dalle conseguenze. Solo una minoranza (15%) sostiene invece la prosecuzione del sostegno militare a Kiev fino al pieno ripristino dei confini ucraini.
Nonostante l'Unione europea venga considerata il principale alleato dell'Italia, gli italiani non le attribuiscono un ruolo centrale nella gestione del conflitto in Medio Oriente. Solo il 4% ritiene infatti che l'Europa da sola possa garantire la pace nella regione, una quota identica a chi menziona Israele e nettamente inferiore a quella riservata agli Stati Uniti (9%).
A prevalere è invece una preferenza per soluzioni multilaterali: il 33% indica l'ONU o una coalizione internazionale, mentre il 14% affiderebbe questo ruolo a una coalizione di Paesi arabi o alla Lega araba. Un segnale chiaro di sfiducia verso approcci unilaterali o regionali ristretti, ma anche del ruolo che nella regione sia in grado di giocare l'Unione europea.