10/08/2025 | News release | Distributed by Public on 10/07/2025 05:41
8 ottobre 2025 | Attualità / giornale SEV
Forte di sette imbarcazioni e di una ventina di membri d'equipaggio, la delegazione elvetica ha preso il mare a metà settembre per raggiungere la flottiglia internazionale, con l'intenzione di rompere il blocco indetto da Israele e portare aiuti umanitari a Gaza. Gli equipaggi della Flotilla, fra cui due membri del SEV, sono stati arrestati illegalmente. Sperano di ottenere un sostegno diplomatico, come la Direzione sindacale del SEV e l'USS hanno chiesto al DFAE.
Lionel, Marc etStéphane : una parte dell'equipaggio della Captain Nikos, in rotta verso Gaza.Marc Formosa e Lionel Simonin, ex e attuale presidente della sezione SEV VPT Lago Lemano (CGN), si sono imbarcati a fine settembre a bordo della Captain Nikos per unirsi alla Global Sumud Flotilla in rotta verso Gaza. La flottiglia conta circa 450 militanti di 44 nazionalità, suddivisi su una cinquantina di imbarcazioni.
A bordo del loro battello di 13,5 metri, Lionel e Marc spiegano che «Si sta abbastanza bene perché ben organizzato: con tre cabine doppie, due bagni, un angolo cottura, un salottino, un ponte esterno e un piccolo ponte superiore. Tuttavia niente lusso per le 12 persone a bordo». Quando li raggiungiamo, il 30 settembre, dicono di provare «Un misto di apprensione, compensato dal bisogno di essere sul posto.»
L'iniziativa pacifista internazionale punta a spezzare il blocco illegale imposto da Israele alla popolazione di Gaza e ad aprire un corridoio per far giungere aiuti umanitari (latte in polvere, filtri per l'acqua, medicinali...). Con quali possibilità di riuscita? «Sono deboli a priori - ammettono - ma sembrano crescere man mano che gli Stati, sotto la pressione popolare come in Spagna, dei sindacati come la CGT in Francia, dei lavoratori portuali in Italia e delle persone che si ribellano in tutto il mondo, si svegliano, annunciano il loro sostegno alla flottiglia, al popolo di Palestina e al suo diritto all'autodetermina-zione».
Ma perché sono partiti? «Per difendere il diritto umanitario, puntare i riflettori su Gaza e far pressione sui governi, finora inattivi e complici del genocidio. Perché gli stessi governi si vergognino vedendo che sono le persone semplici come noi che agiscono al posto loro. Come si possono guardare queste immagini e restare impassibili? Vedere morire di fame i bambini, assassinati dalle bombe e dai tiri dei cecchini israeliani e non far niente? Noi siamo il popolo e i bambini di Gaza sono nostri figli. Dobbiamo per forza assumerci dei rischi, andremo fin dove sarà possibile per portare il nostro messaggio umanitario e non-violento, ovviamente con l'idea di tornare presto ad abbracciare i nostri cari».
L'11 settembre l'Unione sindacale svizzera (USS) ha espresso il suo «sostegno ai rappresentanti della società civile e ai sindacalisti che si impegnano per la giustizia e la pace partecipando alla flottiglia diretta a Gaza» e ha esortato «le autorità israeliane a lasciar passare gli aiuti umanitari. (...) Gli attacchi ripetuti contro la popolazione civile, la carestia provocata dal governo israeliano e i suoi atti genocidi devono cessare», scrive l'USS, che si unisce nella solidarietà agli altri sindacati europei. I nostri due colleghi della CGN hanno anche il sostegno del loro comitato, che ha affermato come «Davanti a una catastrofe umanitaria di ampiezza sconvolgente (...), salutiamo e condividiamo [il loro] impegno». Hanno espresso la loro vicinanza anche le sezioni SEV delle aziende tpg, tpf e MBC.
La missione è legata al loro lavoro nel SEV? «Tutte le lotte si fondono, e se non si fa niente ciò che oggi accade ai nostri vicini domani si ripeterà da noi. Quando i nostri colleghi ticinesi scioperano per proteggere i loro posti di lavoro, siamo solidali con loro e ci mobilitiamo. Come potremmo non farlo con i compagni palestinesi che perdono la vita per le bombe e la carestia? Il sindacalismo, la lotta e la solidarietà non hanno frontiere e non si fermano alle porte del cantiere navale, né quando si mette piede sulla terra ferma».
Fa riflettere la posizione ufficiale della Svizzera che sconsigliava di «intraprendere questo viaggio». Su richiesta del comitato della sezione SEV VPT Lago Lemano, il 22 settembre la direzione del SEV ha scritto al consigliere federale Cassis chiedendogli «Di fare tutto il possibile per garantire (...) ai nostri colleghi la sicurezza e la protezione necessarie, e (...) il sostegno diplomatico necessario da parte del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) e del Consiglio federale». Anche la Commissione centrale VPT ha preso atto con soddisfazione di questa missiva. «Avere l'appoggio del DFAE sarebbe una prima tappa verso un cambiamento dell'atteggiamento della Svizzera e la fine della sua complicità e accondiscendenza nei confronti di Israele», insistono i nostri due colleghi a bordo.
Si intravede un timido passo avanti. «La Svizzera fornirà l'assistenza consolare prevista dalla legge», ha assicurato all'ATS il 24 settembre il portavoce del DFAE. In particolare a tutela di condizioni di detenzione conformi alla dignità umana, delle garanzie procedurali e del diritto alla difesa.
Marc e Lionel, come gli altri 350 attivisti della Flottiglia, sono stati arrestati illegalmente la mattina del 2 ottobre. Sono stati trasferiti nel carcere di massima sicurezza di Ktzi'ot. Il SEV e l'USS hanno esortato Cassis ad «Agire con tutti i mezzi a sua disposizione per ottenere il loro rapido rilascio». Durante la visita delle rappresentanze consolari, queste ultime hanno chiaramente indicato di non essere in grado di agire. Le condizioni di detenzione sono disumane e il trattamento umiliante e degradante: privazione del sonno, mancanza di accesso all'acqua e al cibo, assenza di cure, violenze verbali e psicologiche. Grazie alla Turchia, Lionel e Marco sono stati rimpatriati in Svizzera il 5 ottobre. Stéphane e altri sono ancora in carcere.
Informazioni: waves-of-freedom.ch/
Yves Sancey
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