Università Cattolica del Sacro Cuore

09/11/2025 | News release | Distributed by Public on 09/11/2025 09:04

I figli dell’immigrazione, cittadini di un mondo globale

Le giornate di studio e confronto della Summer School dell'Università Cattolica "Mobilità umana e giustizia globale", che si sono svolte a Castellammare di Stabia (NA) dal 25 al 28 agosto, hanno offerto un'occasione preziosa per approfondire le sfide e le opportunità legate alle migrazioni con un focus specifico sui giovani, figli dell'immigrazione. Un percorso che ha come obiettivo un riposizionamento di prospettiva, collocando l'analisi dei processi di mobilità umana all'interno di una riflessione più ampia, che rinvia appunto alla questione della giustizia globale, letta in tutte le sue implicazioni: economiche, politiche, sociali, culturali, etiche e pastorali.

La cornice che ha guidato i lavori è stata quella del Magistero della Chiesa e, in particolare, dell'insegnamento di Papa Francesco, che invita a non considerare i migranti come "numeri da gestire", ma come volti concreti, portatori di speranza e di dono.

Particolarmente rilevante è stata la tavola rotonda, aperta a tutta la cittadinanza, «Aprite le porte alla speranza. La cura del futuro come impegno per la Chiesa e la società» che ha posto in dialogo Mons. Francesco Alfano, arcivescovo di Sorrento - Castellammare, Michele di Bari, prefetto di Napoli, Card. Fabio Baggio, Sottosegretario del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, e Mons. Gian Carlo Perego, presidente Fondazione Migrantes e Arcivescovo di Ferrara-Comacchio.

La parola "migrazione" è intrecciata con termini dolorosi: sofferenza, strappo, disgregazione. Per gli adolescenti e giovani figli dell'immigrazione emerge con forza il concetto di "doppia assenza" e di "doppia presenza": assenti dalla terra d'origine evocata dalla presenza dei genitori, e mai pienamente presenti nella cultura nella quale sono nati. Questa condizione genera inquietudine, conflittualità interna e senso di provvisorietà. Se il viaggio fisico si può compiere da soli, la rielaborazione del vissuto necessita di guide, comunità, relazioni.

Uno dei temi più discussi è stato il ruolo della scuola come spazio decisivo per la costruzione di comunità. Essa non è solo luogo di apprendimento, ma spesso rappresenta la vera famiglia per i ragazzi, soprattutto laddove i nuclei originari sono frammentati o assenti. La testimonianza di una dirigente scolastica di Milano, che guida un istituto con alunni provenienti da oltre ottanta Paesi, è emblematica: «Quando unisco i banchi e mi siedo in mezzo a loro, i ragazzi sentono che appartengono a un'unica tavola comune».

La riflessione non si è fermata all'integrazione individuale. È emerso con chiarezza che la sfida vera è la costruzione di comunità: un tessuto sociale e pastorale che non si limiti ad accogliere, ma che si rigeneri nella convivenza. La Chiesa, in questo, ha un ruolo decisivo: non un'istituzione che osserva, ma una comunità che accompagna.

I giovani di seconda generazione spesso si trovano schiacciati da etichette imposte: "figli di immigrati", "straniero", "seconda generazione". L'identità è un processo dinamico e relazionale. Non è mai costruita in solitudine: nasce e si sviluppa nello sguardo degli altri. Se questo sguardo è carico di pregiudizi e stereotipi, l'autopercezione dei giovani ne risulta segnata. Per questo l'accompagnamento educativo deve creare spazi di libertà, dove la memoria dei genitori e il futuro dei figli possano intrecciarsi senza imposizioni, ma in una logica di arricchimento reciproco.

Un filo rosso ha attraversato i lavori della Summer School: la diversità non divide, ma moltiplica il bene comune. L'Italia, con la sua storia di accoglienza di oltre 200 nazionalità, si presenta come un laboratorio vivo di innovazione sociale. I giovani migranti, con le loro competenze linguistiche, interculturali e transnazionali, possono essere protagonisti di processi di promozione sociale, culturale ed economica.

Nella visita alla parrocchia di Caivano, il parroco don Maurizio Patriciello ha offerto una chiave evocativa per leggere in profondità l'esperienza migratoria e il senso di comunità che ne può scaturire: questione di sguardi. «Cristo Gesù ha nome Speranza» - dice Patriciello - e il suo annuncio illumina la vita dei migranti come di ogni comunità chiamata a rinnovarsi.

Gli esiti della Summer School hanno messo in luce un messaggio forte e chiaro: il background migratorio comporta anche sofferenza, ma apre strade nuove di convivenza e di giustizia globale. È questa la prospettiva che ci consegna questo percorso: costruire comunità inclusive, educanti e solidali, dove nessuno sia più straniero, ma ciascuno possa essere riconosciuto come fratello.

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